Ci sono diversi modi per descrivere come sia variegata e complessa la professione del medico veterinario. Abbiamo pensato di farvi raccontare la professione proprio da chi la vive sulla sua pelle quotidianamente: i medici veterinari iscritti al nostro Ordine.
Ogni mese troverete una testimonianza di un Medico Veterinario valdostano che, con immagini e parole, vi descriverà la sua attività professionale.
- Nome e Cognome
Cristina Banchi. - Perché hai deciso di iscriverti a Medicina veterinaria?
Ho deciso che avrei fatto il veterinario fin da piccola.
La vocazione che in me non era riuscita a suscitare la serie televisiva WOOBINBA (protagonista uno strafigo veterinario australiano che con una mano spara ai bracconieri mentre con l’altra cura canguri feriti e koala avvelenati), nasce in seguito ad un preciso episodio.
Un giorno, tornando da scuola, trovo Arancino, il mio adorato canarino, che giace immobile a pancia in sù, sul fondo della sua gabbietta. Costretto dalla mia disperazione a “dover fare assolutamente qualcosa”, mio padre senza esitare, gli versa nel becco alcune gocce di un farmaco per il cuore utilizzato da…mia nonna…: qualche secondo ed Arancino scuote la testolina, si risveglia ed inizia a svolazzare nella stanza. “Babbo, babbo!!” esclamai “anche io da grande voglio curare gli animali!” - Come sono stati gli anni dell’Università?
Un sogno ad occhi aperti durato ben 11 anni.
Sede Pisa, città meravigliosa (che ha conquistato persino una fiorentina doc come me..) pullulante di studenti vaganti su biciclette scassate sempre pronti a fare festa e/o protesta in maniera creativa e scanzonata. Iniziative culturali a portata di tasca, il mare a portata di mano.
I professori, tranne qualche rara macchiettistica eccezione, disponibili anche fuori dall’aula a trasmettere a noi studenti la passione per le materie insegnate.
La casa, condivisa con 4 amiche/compagne di corso, diventa da subito un “porto sicuro” per cani pulciosi, gattini crostosi e studenti fuori corso in crisi mistica. Tante risate, tanti sogni, troppe cose belle da imparare anche fuori dai libri. - Quando ti sei laureato/a?
7 novembre 1997. - Quando ti sei iscritto/a all’Ordine?
Nel 1998. - Ricordi come è stato il tuo primo giorno di lavoro?
Come dimenticarlo?
La mia carriera professionale è iniziata con una goliardata: siamo nel dipartimento di parassitologia della facoltà, dove devo svolgere un incarico a tempo determinato per sviluppare ulteriormente i dati della mia tesi di laurea.
Fresca di esame di stato e con il peso del titolo di dottore sulle spalle, mi reco in laboratorio col mio camice immacolato con le cifre ricamate sul taschino. Sulla soglia mi accolgono i tecnici con un sorriso diabolico sulla faccia: “Venga, venga DOTTORESSA, ecco questi sono i campioni da fare per oggi”.
In fila sul bancone 50 puzzolentissimi contenitori di feci di tasso aspettano me per eseguirne gli esami parassitologici quali quantitativi (avete presente contare le uova, le larve ecc?).
Il tempo di deglutire altezzosa e nel laboratorio non c’è più nessuno. Con l’orgoglio ed il pudore ad impedirmi di fuggire o chiedere aiuto mi rassegno e mi metto al lavoro. Quando alla sera esco a pezzi e con il camice a pois marroni, sulla mia bici trovo un biglietto: “a Pisa tanta “m….a.” porta bene, speriamo sia lo stesso anche per i fiorentini!!”. - Di cosa ti occupi ora nello specifico? Vuoi descriverci in cosa consiste la tua attuale attività professionale?
Dal 2009 sono dipendente USL nella S.C. Igiene degli Allevamenti e Produzioni Zootecniche e le cose di cui ci occupiamo sono davvero tante e variegate ma sostanzialmente l’attività di prevenzione e tutela della salute pubblica svolta dal nostro servizio si articola attraverso i controlli sulla fase di produzione primaria degli alimenti di origine animale, con particolare riguardo alla produzione di carne e di latte ed ai controlli mirati al rispetto della normativa in materia di tutela del benessere animale. - Operi in un settore in cui c’è molta concorrenza?
Tra colleghi che ricoprono la posizione lavorativa dirigenziale non c’è motivo che si crei concorrenza, a meno di ambire a fare carriera.
Anche io però ho vissuto la concorrenza nella strada fatta per arrivare fin qui.
Oggi vedo tra i miei colleghi non dipendenti una naturale, grande preoccupazione per la precarietà della propria condizione lavorativa, unita al fatto che ci sono sempre più professionisti che vanno ad inserirsi in una economia molto più in crisi rispetto a quella dei miei tempi.
Ma questo non sembra innescare in loro comportamenti di concorrenza scorretta, anzi li trovo tra loro solidali ed uniti. - Come cerchi di differenziarti dai tuoi colleghi per proporti alla tua potenziale clientela?
Differenziarsi è una naturale conseguenza della propria personalità e della propria esperienza. Anche nel nostro ambito professionale, nonostante il nobile tentativo di uniformare l’operato con l’adozione delle amate/odiate procedure è evidente che il modo con le quali queste vengono tradotte nella pratica dipende da come si è strutturati umanamente.
Si richiede anche nel nostro lavoro che la comunicazione sia efficace per poter raggiungere gli obiettivi.
Per quanto riguarda la mia esperienza, l’essere autorevoli e rispettosi si dimostra più efficace rispetto a mettere in gioco la sola autorità. - Ti senti realizzato/a nella tua attività professionale?
Si. Anche se può sembrare contraddittorio oggi mi sento più che mai realizzata nel lavoro perché gradualmente ho imparato a considerarlo prima di tutto un mezzo di sostentamento e solo di conseguenza una delle vie di realizzazione della mia vita.
Finchè identificavo il nocciolo di me stessa con l’essere veterinario, col fare il veterinario, ho sofferto abbastanza: in un mondo dove l’impegno e l’intelligenza non bastano a conquistarsi un posto al sole, ho visto colleghi avere migliori occasioni rispetto a me fin dai tempi dell’università e soprattutto nella professione in nome di privilegi acquisiti per status, immeritati.
Grazie però al fatto di non poter contare su altro che su me stessa ho “girato” in molti ambiti lavorativi: ricerca, clinica, sanità pubblica. Quasi sempre iniziando come volontaria, senza la prospettiva di un impiego retribuito che poi però col tempo arrivava.
Così ho provato e realizzato quasi tutto ciò che mi interessava davvero: attività di ricerca in campo ed in laboratorio sui selvatici, ambulatorio per piccoli animali, attività di diagnostica in compagnia della mia amata anatomia patologica.
Nessuno tra l’utenza attuale mi regala cioccolatini a Natale o mi fa sentire un eroina come quando riuscivo a guarire un animale, ma il pensiero che il mio lavoro abbia una ricaduta diretta sulla salute pubblica mi fà sentire davvero utile. - Come sono i rapporti con i Tuoi colleghi?
Davvero ottimi sia quelli maturati nel periodo della libera professione che quelli sviluppatesi in seno all’USL. - Come sono i rapporti con il Tuo Ordine?
Piuttosto “freddini” all’inizio poiché avvertivo, magari a torto, una certa diffidenza nei miei confronti: l’ennesima collega venuta da “fuori valle” a cercare che? Non ottenni nessun concreto indirizzo sulle possibilità di lavoro in Valle, così da allora il mio rapporto con l’Ordine è stato viziato dalla percezione di non appartenervi veramente tranne che per il pagamento della quota d’iscrizione.
Forse sono cambiate le cose e le persone, forse è cambiato il mio modo di vederle, fatto sta che oggi la condivisione di opportunità e problematiche lavorative a 360°è il punto di forza del nostro Ordine. - Hai un aneddoto professionale particolarmente interessante e/o divertente che vuoi raccontare?
Quello che mi ha più condizionato nell’affrontare la professione anche se ancora non ero laureata.
Ultimo giorno di tirocinio in clinica chirurgica: c’è tra i pazienti un micio bianco e nero ricoverato da un po’ di tempo per una lesione spinale, paralisi degli arti posteriori e perdita del controllo degli sfinteri, piaghe cutanee.
Il professore, bravissimo ma deciso a smontare i nostri sogni sull’onnipotenza della medicina veterinaria, dichiara la lesione incurabile ed affida il gatto a me ed alle mie compagne per fargli l’eutanasia. Mal celando la nostra poco professionale emotività degna di matricole spaventate, chiediamo al Professore se proprio non ci sia più nulla da provare.
Lui sospira, poi con aria distaccata porgendoci un rotolo di garza ci dice: “Fate un laccio con questo e sostenetegli il bacino facendolo muovere un po’: se proprio credete nei miracoli…”.
Fu così che il gattino ribattezzato “Pierangelo” venne a casa nostra dove con dedizione assoluta 5 future veterinarie lo sottoposero a ripetute sedute di “fisioterapia”: sorretto dal bacino con la cintola di garza, alleggerito dal peso morto delle zampette posteriori, Pierangelo fila per casa come un razzo facendosi strada sulle zampe anteriori. Dopo qualche tempo inizia a controllare feci ed urina poi pian piano riesce anche a sostenersi sui posteriori!!
Quando torniamo dal Professore tutte tronfie, questi, guardato il gattino in piedi nella gabbietta esclama : “Ohimmena ma l’avete fatto per davvero? Io avevo detto così tanto per non smontarvi. Oh brave bimbe, ma se credete nei miracoli mi sa che un’ siete mica pronte per fare questo lavoro”.
Nonostante quella frase, io e le mie compagne quel giorno ci sentimmo pronte per uscire dal bozzolo dell’università pronte a spiccare il volo ed anche a battere le inevitabili capocciate che ciò avrebbe comportato: in fondo ci sarebbe sempre stato un rotolo di garza cui aggrapparsi in caso di caduta! - Come fai a conciliare il tempo da dedicare al lavoro con il tempo da dedicare alla famiglia?
Non è difficile nella mia condizione attuale.
Svolgevo la libera professione in un ambulatorio quando capii di voler puntare ad un’occupazione dove gli orari non sarebbero stati così tanto elastici da non lasciarmi più la possibilità di programmare alcunché, al di fuori del lavoro così come mi stava accadendo.
Nel 1999 ho ricominciato a studiare con grande fatica, ho superato il test d’ingresso per la specializzazione a Milano ed in tre anni ho acquisito la specialità grazie alla quale ho potuto partecipare al concorso da dirigente all’USL.
Ferie vissute senza sensi di colpa, orari definiti, stipendio a fine mese sono cose che certamente consentono di conciliare vita e lavoro. - Cosa ti senti di consigliare a chi vorrebbe cominciare la tua professione?
Frequentare parallelamente al corso di studi i diversi ambienti lavorativi, anche per poche ore alla settimana, può aiutare a stare sui libri con maggior motivazione e ad orientare le proprie scelte per il futuro. - Hai qualche sogno nel cassetto per il tuo futuro?
Occuparmi di peth-therapy rivolta ai bambini. - Hai qualche rimorso o rimpianto per il tuo passato?
No, nessuno. - Concludi la tua intervista con un tuo pensiero in piena libertà che rappresenta il tuo quotidiano operare o la tua filosofia di vita (proverbio, riflessione, citazione etc..).
“C’è chi si fissa a vedere il buio. Io preferisco contemplare le stelle”, Victor Hugo.
“Chi se frega se stiamo in ospedale mamma, tanto siamo insieme!”. Mio figlio Enrico.