Le Frequently Asked Questions, meglio conosciute con la sigla FAQ, sono le “domande poste frequentemente”.
Questa pagina contiene quindi alcuni quesiti posti dagli iscritti e le relative risposte.
Le risposte qui indicate sono state elaborate a seguito di:
- decisioni concertate durante i Consigli Direttivi e le Assemblee
- pareri di F.N.O.V.I., E.N.P.A.V. ed altri enti che si sono espressi a riguardo, con comunicazioni ufficiali o con chiarimenti ufficiosi
- interpretazioni di norme e consuetudini avvalorate da esperienze pregresse
Ovviamente i quesiti e le relative risposte non sono da intendersi come verità assolute o interpretazioni aventi valore legale, potranno comunque costituire delle buone pratiche o delle linee di indirizzo per quei colleghi interessati a capire come il nostro Ordine abbia affrontato determinate problematiche.
Charimenti sull’anagrafe felina
Come funziona l’anagrafe felina che viene pubblicizzata da A.N.M.V.I.? Viene segnalata la necesità di registrarsi, ma quali chip possono essere inseriti? Devono, come quelli dell’anagrafe canina, essere rilasciati dall’ASL oppure no? Esiste una banca dati nazionale, gestita da chi?
Per una risposta chiarificatrice è opportuno segnalare quanto è stato specificato dal Ministero della salute:
In riferimento all’articolo “Nasce l’anagrafe dei gatti: arriva il microchip” apparso ieri 25 ottobre 2010 sul quotidiano “Corriere della sera”, il Ministero della Salute ritiene doveroso fornire ai cittadini proprietari di gatti gli opportuni chiarimenti.
L’iniziativa proposta da A.N.M.V.I. (Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani) consiste nella creazione di un banca dati informatizzata su base volontaria a carattere privatistico e non istituzionale e, contrariamente a quanto sostenuto nell’articolo, non è “la prima anagrafe felina attiva sul territorio italiano” né tantomeno “una rivoluzione”.
L’anagrafe canina nazionale, istituita ai sensi dell’Accordo 6 febbraio 2003, prevede già la possibilità di registrazione dei gatti anche se, per questa specie, l’identificazione con microchip e l’iscrizione in anagrafe è obbligatoria solo nel caso del rilascio del passaporto europeo ai sensi del regolamento (CE) 998/2003.
L’obiettivo che si prefigge il Ministero della Salute, anche attraverso il Disegno di Legge sulla tutela degli animali d’affezione di imminente presentazione al Consiglio dei Ministri, è quello di realizzare un’anagrafe nazionale istituzionale felina obbligatoria gestita in accordo con le Regioni e Province Autonome, analogamente a quanto già in essere per la specie canina. Solo un sistema ufficiale validato potrà consentire la tracciabilità degli animali; tale risultato non è invece perseguibile se ci si avvale solamente di soggetti privati. Il Ministero della Salute prenderà opportuni provvedimenti nelle sedi dovute al fine di modificare il sito www.anagrafenazionalefelina.it che, rifacendosi a quello istituzionale del Ministero, trae potenzialmente in inganno i cittadini.
Si può quindi dedurre che trattasi di un’iniziativa volontaria e privata (ANMVI+Merial). Il dbs nazionale è gestito da A.N.M.V.I., è ipotizzabile quindi che i microchip vengano distribuiti a pagamento ai veterinari che aderiscono all’iniziativa.
Restano quindi i dubbi relativi alla forte presa di posizione del Ministero che in pratica ribadisce il suo ruolo e la non ufficialità di un sistema ideato e gestito da privati, tenuto conto che la chippatura dei felini era già prevista con l’anagrafe canina; il rischio quindi può essere quello di proporre alla clientela un servizio che un domani (una volta implementata l’anagrafe felina ufficiale) venga messo in discussione (per tipologia di chip, impostazione dei records, interfacciabilità delle banche dati etc..).
Si consiglia comunque di sentire l’help desk pubblicizzato sul sito di riferimento per verificare se i dubbi sono veritieri o meno.
Chiarimenti sulle novità introdotte dal c.d. Decreto Bersani nel settore veterinario
Quali sono le novità inerenti la pubblicità sanitaria, introdotte dall’applicazione del c.d. Decreto Bersani?
Il Decreto Legge 4 luglio 2006 (c.d. Decreto Bersani), in vigore dal 4/7/06 convertito in Legge 4 agosto 2006 n. 248, ha introdotto cambiamenti sostanziali in materia di pubblicità sanitaria.
In pratica sono state abrogate le disposizioni legislative e regolamentari che prevedevano il divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo ed i costi complessivi delle prestazioni.
La rivoluzione suddetta risponde al principio comunitario della libera concorrenza e a quello di libertà di circolazione delle persone e dei servizi all’interno del mercato unico; non va poi dimenticata l’intenzione del legislatore di assicurare agli utenti un’effettiva facoltà di scelta del professionista e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato.
La nuova impostazione normativa non ha però cancellato i compiti di vigilanza degli Ordini Professionali che devono verificare il rispetto del codice deontologico nei messaggi pubblicitari degli iscritti: il messaggio pubblicitario, comunque venga veicolato, deve rispettare criteri di trasparenza e veridicità.
Per fare un po’ di chiarezza sull’argomento e per permettere agli Ordini un’interpretazione uniforme della normativa in vigore, la F.N.O.V.I. ha realizzato due linee guida:
• Linee Guida inerenti l’applicazione dell’art. 48 del Codice Deontologico – Aprile 2007
• Linee guida inerenti l’applicazione dell’art. 48 del Codice Deontologico Appendice – Medicina veterinaria Comportamentale e Medicine non Convenzionali Veterinarie – Gennaio 2009
Ulteriori dettagli sono disponibili nella sezione dedicata alla pubblicità sanitaria.
Quali sono le novità inerenti il tariffario professionale, introdotte dall’applicazione del c.d. Decreto Bersani?
Il Decreto Legge 4 luglio 2006 (c.d. Decreto Bersani), in vigore dal 4/7/06 convertito in Legge 4 agosto 2006 n. 248, ha portato una vera rivoluzione per il settore libero professionale.
Di fatto sono state abrogate le disposizioni legislative preesistenti che prevedevano l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime: per questo motivo non si può più parlare di tariffario professionale.
Questo però non significa che una “parametrizzazione” dei compensi professionali non sia più lecita, anzi si consideri che le tariffe professionali restano un punto riferimento irrinunciabile per i giudici (nelle varie fasi di contenzioso tra professionisti e clienti) e che possono essere utilizzate per la predisposizione di bandi e per l’affidamento di incarichi con evidenza pubblica.
Va infine ricordato come, relativamente ai compensi professionali, vige il principio generale per cui, ai sensi dell’art. 2233 del Codice Civile, il corrispettivo della prestazione professionale deve essere fissato con determinazione consensuale delle parti o, in assenza di convenzione tra queste, mediante tariffe e secondo le disposizioni previste dagli usi locali.
Per questi motivi la Federazione Nazionale degli Ordini dei Veterinari Italiani ha realizzato lo studio indicativo in materia di compensi professionali e costi del medico veterinario, frutto di un’indagine economica effettuata sotto l’egida del Ministero della Salute ed in ottemperanza delle linee guida prodotte dal Consiglio Superiore di Sanità.
Ulteriori dettagli sono disponibili nella sezione dedicata ai compensi professionali.
Chiarimenti su questioni inerenti le elezioni per il rinnovo del Delegato provinciale all’Assemblea Nazionale dell’Ente di Previdenza ed Assistenza dei Veterinari (ENPAV)
(2 aprile 2012)
Il nostro candidato è pensionato INPDAP, ma non ancora ENPAV quindi mi è stato confermato telefonicamente che è eleggibile; nel caso in cui andasse in pensione o maturasse i requisiti per la stessa durante il mandato, potrebbe decadere dalla carica?
No rimane in carica per l’intero mandato.
E’ opportuno verificare la disponibilità di un secondo candidato che eventualmente faccia da sostituto, nel caso in cui il Delegato non potesse partecipare ad un’Assemblea/incontro Enpav nel corso del quinquennio?
In caso di impossibilità a partecipare alle riunioni assembleari, lo Statuto Enpav prevede che il Delegato ne dia comunicazione in forma scritta almeno 1 giorno prima della data della riunione. In tal caso l’assenza sarà considerata giustificata.
Alcuni Ordini, che non sosterranno spese per l’invio delle comunicazioni, utilizzeranno i fondi enpav a disposizione per gettoni di presenza dei partecipanti al seggio.
Saranno considerate elligibili le spese (debitamente giustificate) relative all’acquisto di beni di conforto (panini/pizze e bibite per chi partecipa al seggio e per chi viene a votare)?
Con riferimento a quest’ultimo punto, si fa presente che il regolamento elettorale all’art. 18 comma 2, prevede il rimborso omnicomprensivo fino ad €uro 300 per gli Ordini con n. iscritti pari o inferiore a 400. Tale rimborso riguarda eventuali spese, ulteriori rispetto a quelle postali, documentate. Relativamente quindi all’ipotesi rappresentata, fermo restando che il rimborso non potrà superare i 300 €uro, dovranno essere prodotti all’Enpav i documenti giustificativi delle spese sostenute.
Charimenti sulla Posta elettronica certificata – PEC
Il Medico Veterinario è obbligato ad avere un indirizzo Posta elettronica certificata? Sulla base di quale norma?
Richiamando le misure contenute nel Decreto Legge 29 novembre 2008, n. 185 pubblicato nella G.U. n. 280 del 29 novembre 2008 – S.O. n. 263, meglio noto come il “decreto anti-crisi”, gli iscritti agli Albi dovevano indicare, entro il mese di novembre 2009 il proprio indirizzo di posta elettronica certificata agli Ordini di appartenenza.
Il nostro Ordine, aderendo alle indicazioni della Federazione Nazionale (FNOVI), ha sottoscritto una convenzione con Aruba PEC S.p.a. – ente gestore accreditato presso il CNIPA per la fornitura del servizio di posta elettronica certificata – grazie alla quale è stato possibile mettere a disposizione di oltre 50 iscritti valdostani una caselle di posta elettronica certificata.
L’art. 16, comma 7, della legge n. 2 del 2009 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 28 gennaio 2009) recita testualmente: “I professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato comunicano ai rispettivi ordini o collegi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata o analogo indirizzo di posta elettronica di cui al comma 6 entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Gli ordini e i collegi pubblicano in un elenco riservato, consultabile in via telematica esclusivamente dalle pubbliche amministrazioni, i dati identificativi degli iscritti con il relativo indirizzo di posta elettronica certificata”.
Per i colleghi ASL e pensionati si ricorda che, secondo la normativa vigente, “i professionisti, dipendenti delle PA iscritti nei rispettivi albi (…) debbono dotarsi di una casella di PEC indipendentemente dal possesso di quella eventualmente fornita dal datore di lavoro. L’obbligo riguarda tutti i professionisti, intesi come esercenti una professione regolamentata, iscritti in albi o elenchi, indipendentemente dal fatto che esercitino effettivamente la professione e dalle modalità del suo esercizio.
Le sanzioni saranno stabilite dagli ordini, i quali hanno l’obbligo di controllare il rispetto della normativa da parte dei loro iscritti”.
Chiarimenti sul Pet Corner
Può un veterinario ambulatoriale avere un pet corner? Può disporre gli scaffali con i mangimi nella sala di attesa dell’ambulatorio?
Può il titolare dell’ambulatorio essere l’intestatario della licenza commerciale per la vendita di mangimi?
Il pet corner è un’attività accessoria a quella professionale e come ben descritto nella circolare Fnovi 7/2007 non può essere in alcun modo pubblicizzata essendo un completamento dell’attività professionale e non una caratteristica della stessa nel senso espresso dal decreto Bersani.
Un’attività commerciale gestita non correttamente rischierebbe di violare l’art. 42 del nostro Codice deontologico (Cointeressenza), in cui si legge che: “Il Medico Veterinario svolge attività professionale prevalentemente intellettuale. Qualunque forma di cointeressenza, che condizioni la libertà intellettuale del Medico Veterinario, costituisce violazione del presente Codice Deontologico”.
I prodotti non potranno essere esposti essendo “l’esposizione al pubblico” circostanza che caratterizza tipicamente l’attività commerciale.
L’attività professionale e quella commerciale devono essere separate e sarebbe opportuno che il medico veterinario non fosse anche il titolare della licenza commerciale di prodotti attinenti all’attività professionale e ciò al fine di escludere qualsiasi condotta riconducibile alla cointeressenza o al conflitto di interesse.
In Lombardia il Decreto Direzione Generale Sanità n. 5403 del 13/04/2005 sulle strutture veterinarie vieta che queste siano in comunicazione con i locali adibiti ad attività commerciali.
Chiarimenti sulla titolarità di una pensione per animali
Può un medico veterinario essere anche titolare di una pensione per animali?
(5/04/2012)
Non esistono a priori ragioni di incompatibilità a che un veterinario iscritto all’Albo possa svolgere altre attività; le regole di incompatibilità attualmente disciplinate si rinvengono infatti solo nei vari ordinamenti nei quali si articola il rapporto di pubblico impiego.
Occorre però valutare di volta in volta se, nel caso concreto, potrà verificarsi – in capo al medico veterinario libero professionista, nell’esercizio della professione intellettuale – una violazione del dettato deontologico.
Il Codice Deontologico (http://www.fnovi.it/index.php?pagina=codice-deontologico) all’art. 48 (Cointeressenza) recita: “Qualunque forma di cointeressenza, che condizioni la libertà intellettuale e professionale del Medico Veterinario, costituisce violazione del presente Codice Deontologico”.
Sarà pertanto vietato – e perseguibile deontologicamente – svolgere altre attività se a causa di ciò potrà risultare compromessa, perché limitata e influenzata, l’indipendenza intellettuale del veterinario nell’espletamento della propria attività professionale.
In casi similari, toelettatura e rivendita mangimi per pet, è stata richiesto una separazione fisica (le attività magari si trovano nello stesso edificio, sono confinanti ma presentano ingressi separati e sono assolutamente ben distinte).
Le attività comunque non sono intestate ai medici veterinari, ma ad altra persona che ne è il titolare.
Chiarimenti sulla Pet Therapy
Quale può essere il ruolo del Medico Veterinario nei percorsi formativi di operatori coinvolti nelle attività e terapie assistite con gli animali?
Quale può essere il ruolo del Medico Veterinario nell’attuazione di programmi con ausilio di animali per il miglioramento del benessere e della salute umana (comunemente conosciuta come pet therapy)?
Putroppo non esiste una normativa che regolamenti a livello regionale e nazionale le TAA e AAA – essendo la Carta Modena un atto di indirizzo non vincolante e considerato che l’Accordo Stato Regioni del marzo 2003 non è stato recepito da tutte le Regioni.
Questa condizione determina una certa confusione, alimentata anche dall’autonomia delle regioni in materia sanitaria.
Tuttavia si ritiene che la figura del medico veterinario nel corpo docente dei percorsi formativi degli operatori di TAA e AAA abbia una rilevanza circoscritta alla sensibilizzazione del futuro operatore nel considerare l’animale come co-terapeuta e non come mero strumento della terapia.
Ben altra rilevanza e significato ha la presenza del medico veterinario nel team operativo che prevede la presenza di più figure professionali (vedi articolo 19 Carta di Modena): l’importanza della figura del medico veterinario in questa fase è duplice in quanto a tutela della salute dell’animale co-terapeuta in relazione alla tutela della salute dei soggetti fruitori delle TAA e AAA.
Le attività di tutela, promozione e salvaguardia del benessere e della salute animale sono esclusive della nostra professione e non possono né devono essere delegate ad altri.
Esiste sul territorio valdostano un Centro abilitato alla formazione di Pet Therapist. Sono una psicologa e vorrei specializzarmi in questo settore ma sfortunatamente online non ho trovato riferimenti?
(27/04/2012)
Attualmente non esiste, a livello regionale, un centro abilitato e tra le altre cose non esiste neanche a livello nazionale.
La norma è lacunosa e non omogenea nelle differenti regioni e questo genera una gran confusione: alcuni professionisti frequentano corsi abilitanti e nascono strutture accredidate e qualificate, senza che esista una certificazione omogenea e ufficialmente riconosciuta a livello nazionale.
Va però ricordato che esiste il Centro di Referenza Nazionale per gli Interventi Assistiti con gli Animali; i Centri di referenza nazionali (CRN) sono strumenti operativi, designati dal Ministero della Salute, che si caratterizzano per un’elevata competenza nei settori della sanità animale, dell’igiene degli alimenti e dell’igiene zootecnica, e sono promotori di varie forme di collaborazione e cooperazione al fine di sviluppare competenze scientifiche.
Con decreto del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali del 18 giugno 2009, all’interno dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) è stato istituito Il Centro di Referenza Nazionale per gli Interventi Assistiti con gli Animali (pet therapy); presso questa sede dal 2006 è impegnata un’equipe multiprofessionale che si occupa esclusivamente di IAA e che, grazie alle esperienze significative maturate in tale ambito, è stata individuata dall’IZSVe quale partner per lo sviluppo del Centro di Referenza Nazionale.
Per conoscere la posizione del nostro Ordine su queste tematiche è possibile visitare questa pagina.
Il nostro Ordine ha di recente organizzato un incontro prodromico alla pet therapy.
Chiarimenti sul trasferimento di un iscritto dall’italia all’estero e viceversa
Un iscritto che si trasferirà in Francia è obbligato a iscriversi all’Ordine francese per esercitare in quel paese?
Sul sito del Ministero della Salute per i cittadini comunitari si fa la differenza tra:
DIRITTO DI STABILIMENTO
I cittadini comunitari che possiedono un titolo professionale conseguito in un Paese comunitario ed intendono svolgere stabilmente la professione sanitaria in Italia, possono presentare domanda per il riconoscimento del titolo ai fini dell’esercizio del diritto di stabilimento.
DIRITTO ALLA LIBERA PRESTAZIONE DI SERVIZI
Le direttive di settore relative alle professioni di medico chirurgo, medico specialista, veterinario, odontoiatra, infermiere o ostetrica prevedono anche la possibilità, per i soli cittadini dell’Unione europea, di erogare prestazioni professionali occasionali (non consistenti, quindi, in “attività professionale presso una struttura sanitaria, sulla base di un rapporto di collaborazione continuativa”) senza stabilirsi definitivamente in Italia e senza iscriversi all’albo professionale italiano, ma rimanendo comunque soggetti agli stessi obblighi e sanzioni disciplinari previsti per i sanitari italiani.
Per esercitare tale diritto, il professionista interessato deve comunicare di volta in volta, preventivamente, al Ministero della Salute, i seguenti dati relativi allo svolgimento della prestazione: la data, la struttura, la motivazione.
Questo significa che l’iscritto deve verificare con quali caratteristiche intende esercitare all’estero, conseguentemente, verificare l’attuazione della direttiva europea in argomento realizzata al di là delle Alpi.
Non volendo “perdere” i contributi E.N.P.A.V. si può essere iscritti contemporaneamente a due ordini dei medici veterinari in due paesi europei?
In pratica nel momento in cui un iscritto decida di trasferirsi all’estero, il suo trasferimento all’estero di fatto sarà una cancellazione per l’Italia.
In pratica si cancellerà dall’Ordine della Valle d’Aosta, con conseguente cancellazione dalla F.N.O.V.I. e perdita dell’anzianità di iscrizione.
Nel momento in cui deciderà di re-iscriversi in Valle d’Aosta gli verrà riassegnato un nuovo numero di iscrizione all’albo e ricomincerà la sua anzianità di iscrizione all’albo.
L’aspetto più spinoso riguarda E.N.P.A.V.: nel momento in cui l’iscritto si cancella dall’Ordine non può più versare i contributi all’E.N.P.A.V. (i contributi all’Ente sono contestuali all’Iscrizione all’Ordine in Italia). I soldi versati fino alla cancellazione possono o essere ricongiunti ad un’altra cassa italiana (non è possibile ricongiungere con casse di altri paesi come la Francia) o riscattati, ma solo dopo i 68 anni; in pratica verrà corrisposta la quota del contributo soggettivo versata e rivalutata.
L’iscritto può quindi decidere di mantenere una doppia iscrizione (in Italia e all’estero) e non svolgendo attività professionale in italia che generi reddito, può versare all’E.N.P.A.V. solamente il contributo minimo.
Chiarimenti sul trasferimento di un iscritto dall’italia all’Irlanda
Un iscritto ha ricevuto una proposta per prolungare la sua permanenza in Irlanda, iniziando a lavorare a tutti gli effeti nella clinica in cui adesso copre la figura di “intern”. Per esercitare in Irlanda deve essere iscritto al loro ordine nazionale? Non ci sono acccordi europei da questo punto di vista? Se così non fosse, è possibile essere iscritti in entrambi gli albi, italiano e irlandese?
La Direttiva 36/20057CE prevede che in Italia l’Autorità competente sia il Ministero della Salute.
Alla pagina dedicata del sito web del Ministero della Salute, i cittadini che, avendo conseguito un titolo professionale dell’area sanitaria in Italia, intendono esercitare la propria professione in un altro Paese comunitario, devono inoltrare la domanda di riconoscimento del titolo all’Autorità estera competente del Paese.
E’ possibile che, a tale scopo, le Autorità estere richiedano la presentazione di un “attestato di conformità e del good professional standing” rilasciato da questo Ministero.
Per richiedere tale attestato bisogna presentare la documentazione richiesta: In sostanza il collega deve rivolgersi al Vet Council of Ireland e fare domanda per l’iscrizione – http://www.vci.ie/Global/The_Register(2).pdf – e al Ministero della Salute Italiano per il rilascio dei certificati richiesti.
Chiarimenti sulle novità introdotte dal Decreto Legislativo 8 aprile 2013, n. 39
Il ruolo di Presidente dell’Ordine provinciale ha delle ripercussioni su un’eventuale inconferibilità o incompatibilità con incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico (regionale o locale) così come indicato nel DECRETO LEGISLATIVO 8 aprile 2013, n. 39 “Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell’articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190. (13G00081) (GU Serie Generale n.92 del 19-4-2013)”?
Si ritiene utile preliminarmente commentare che siamo di fronte ad un nuovo sistema di regole e di verifiche per garantire la rispondenza del conferimento di cariche pubbliche ai principi di imparzialità e di trasparenza.
Con tale provvedimento il governo esercita la delega conferitagli dai commi 49 e 50 dell’art. 1 della legge 190/12 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione), introducendo una riforma della disciplina vigente in materia di attribuzione di incarichi dirigenziali e di incarichi di responsabilità amministrativa di vertice nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).
Ci troviamo di fronte ad un provvedimento di natura organica, che interviene su una pluralità di livelli introducendo preclusioni temporali di diversa durata per l’esercizio delle funzioni dirigenziali nella p.a. da parte delle componenti politiche delle singole amministrazioni e da parte di coloro che sono stati condannati con sentenza anche non definitiva per reati contro la p.a.
I diversi ambiti di intervento del provvedimento emergono immediatamente dalla semplice lettura dei suo capi e, come correttamente esposto, due sono gli istituti con cui il legislatore disciplina la materia degli incarichi nella p.a.:
– l’inconferibilità;
– l’incompatibilità.
In particolare l’art. 4 del citato decreto prevede l’inconferibilità di incarichi nelle amministrazioni statali per coloro che nei due anni precedenti abbiano ricoperto cariche in enti di diritto privato o finanziati dall’amministrazione o dall’ente pubblico che conferisce l’incarico, ovvero abbiano svolto in proprio attività professionali regolate, finanziate o comunque retribuite dall’amministrazione o ente che conferisce l’incarico.
La normativa dispone poi, all’art. 9, che “gli incarichi amministrativi di vertice e gli incarichi dirigenziali, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, che comportano poteri di vigilanza o controllo sulle attività svolte dagli enti di diritto privato regolati o finanziati dall’amministrazione che conferisce l’incarico, sono incompatibili con l’assunzione e il mantenimento, nel corso dell’incarico, di incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dall’amministrazione o ente pubblico che conferisce l’incarico. Gli incarichi amministrativi di vertice e gli incarichi dirigenziali, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, gli incarichi di amministratore negli enti pubblici e di presidente e amministratore delegato negli enti di diritto privato in controllo pubblico sono incompatibili con lo svolgimento in proprio, da parte del soggetto incaricato, di un’attività professionale, se questa è regolata, finanziata o comunque retribuita dall’amministrazione o ente che conferisce l’incarico”.
Altre ipotesi di incompatibilità sono delineate dalla normativa con particolare attenzione al rapporto tra enti pubblici ed enti di diritto privato comunque controllati dai primi. Il rispetto di queste previsioni è rimesso al responsabile del piano anticorruzione, da predisporre e trasmettere all’Autorità nazionale anticorruzione, all’AGCM e alla Corte dei Conti per l’accertamento di eventuali responsabilità amministrative.
Gli incarichi conferiti in violazione delle disposizioni del decreto de quo sono nulli e i componenti degli organi che abbiano concorso al conferimento sono responsabili per le conseguenze economiche degli atti adottati.
A carico del beneficiario dell’incarico viene posto l’obbligo di presentare una dichiarazione in cui risulti che non vi sono ragioni di incompatibilità o inconferibilità ai sensi della normativa in commento. Le dichiarazioni devono essere rinnovate annualmente con riferimento all’insussistenza di cause di incompatibilità e costituiscono conditio sine qua non ai fini dell’efficacia dell’incarico stesso. Esse inoltre vanno pubblicate sul sito internet dell’ente che conferisce l’incarico.
Il legislatore impone quindi agli amministratori pubblici un “giro di vite”, con una disciplina ad hoc la cui effettività potrà e dovrà essere valutata soltanto all’esito della fase di prima applicazione.
Da questa ampia premessa deriva la considerazione che la disciplina introdotta dal legislatore statale con il Decreto Legislativo 8 aprile 2013, n. 39 riguarda principalmente le Regioni in quanto si applica agli incarichi conferiti nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ivi compresi gli enti pubblici, nonché negli enti di diritto privato in controllo pubblico (art.2, comma 1).
Nulla a che vedere quindi con le cariche di natura elettiva che si ricoprono presso gli organismi ordinistici (provinciali e nazionale).
Gli Ordini professionali sono inoltre enti pubblici non economici, non finanziati e non controllati da altre pubbliche amministrazioni.